Il piano bar è molto cambiato dalle sue origini.

Molti dei miei colleghi, alcuni dei quali ne stimo la bravura, hanno scelto di andare a pari passo con quello che viene dettato dalla moda: da un paio d´ anni a questa parte, il piano bar consiste non più nel suonare il piano e cantare. I clienti del piano bar sono oggi abituati ad ascoltare assieme ai suoni acustici del pianoforte e della voce anche quelli di tastiere e ritmi elettronici.

Chi si appresta a sedersi nei bar e per caso sono io ad occupare lo sgabello del pianoforte, noterà quello che raramente succede oggi: nessuna elettronica, soltanto la mia voce, il pianoforte e la mia chitarra.

Ecco perchè mi sono deciso di chiamare il mio modo di fare musica nei bar “unplugged pianobar”. Il mio modo di fare musica si dissocia spesso da quello che si è soliti ascoltare perchè io ho scelto di fare molto meno pop (questo sta nel fatto che la musica pop mi interessa sempre di meno e poi mi sto impegnando sempre più a soulizzarmi e a fare più del jazz e del rock & roll) e molto meno musica dove solitamente i musicisti vengono considerati prettamente dei juke-box umani.

Il vantaggio sta nel fatto che vengo considerato non per quello che suono ma per me stesso. Lo svantaggio sta nel fatto che sia per il motivo suddetto, sia per la mia scelta di suonare acusticamente, ho la possibilità di suonare in molti meno bar del solito. Ma tra i due preferisco considerare di più il vantaggio.